FLAP Home Channel – TURN ON, TUNE IN, DROP OUT –
Rel-Azioni – 11° puntata
Coppia & Amore: non sempre i due vanno a braccetto come innamorati!
di Onemarishow e Fabioflap
Una Ragazza Fantastica – Atto 11 –
Giorno Fatidico
Seduta ad un tavolino che si affaccia alla vetrata del locale inizio a mangiare la torta. Osservo la strada ed il via vai di passanti frettolosi e con lo sguardo basso, chissà cosa cercano.
Svogliatamente sfoglio il giornale senza riuscire a leggere nulla. Attorno a me altre persone sorridenti consumano la loro colazione, chiacchierano, scrivono messaggi sui loro telefoni, raccontano del film di ieri sera, degli appuntamenti della giornata, di politica e di nulla. In questi momenti vorrei essere sorda, per non sentirli, non respirano pur di parlare per non dire…
Di cosa si dovrebbe parlare quando si parla, non lo so, ma so che non si può parlare senza comunicare qualcosa. Non si deve parlare per riempire il silenzioso imbarazzo che si crea quando si sta insieme ad una persona, una persona qualsiasi; si dovrebbe ascoltare quel silenzio imbarazzante; ma come si fa?
La torta è proprio buona, mastico lentamente gustando i pezzetti di mela all’interno, la pasta è morbida e non molto dolce. Finalmente arriva anche il caffè, forse ora mi sveglierò del tutto e mi renderò conto di essere stata in un sogno. La torta finisce, ne mangerei altre mille di fette, ma non lo faccio, un po’ per non ingrassare e un po’ perché una fetta di torta costa veramente tanto, per essere una fetta di torta.
Bevo il caffè, e mi convinco del tutto che non sono in un sogno, ma nella vita reale.
Mi alzo e pago, do un’occhiata al posto dove ero seduta per accertarmi di non aver dimenticato nulla, oggi potrei dimenticare di tutto, me compresa, ovunque; accertata di non aver lasciato pezzi in giro esco.
Sono appena le nove del mattino e penso di essermi vestita troppo… la temperatura non è adeguata alla stagione; Indosso i pantaloni larghissimi e neri, una camicia a quadri rosa scuro e bluette, una maglia di lana nera con i bottoni bianchi e la giacca di lana a quadretti, le scarpe sono rosse e i calzini, gli unici puliti che sono riuscita a trovare questa mattina, sono a righe oro e verde, non ho con me la solita borsa, ma una più piccola, la borsa del medico di condotta perché è quadrata.
Cammino e guardo la mia immagine riflessa sulle vetrine, sul mio viso si vede benissimo che è stata una lunga notte, ma un po’ di trucco ha fatto il suo modesto dovere, nonostante tutto.
Arrivo. Le prime due ore sono sola, il venerdì arrivano tutti più tardi. Decido di mettere ordine nei cassetti, butto via un sacco di cartacce, poi metto ordine nel computer, elimino documenti e cartelle inutili, lascio l’essenziale per chi dovesse arrivare dopo di me… Vivo ogni azione che compio, ogni movimento, e anche se penso di non star pensando dentro me si sta muovendo un mondo.
Per alcuni momenti ogni cosa sembra immobile. Faccio una pausa caffè, segue più tardi una pausa sigaretta, e man mano che passano le ore mi sento sempre più una intrusa, mi sento in un posto non mio: fuori posto.
Gli spazi silenziosi di qualche ora fa, hanno lasciato spazio al caos. La stanchezza di una lunga settimana traspare sul viso di ognuno. Senza voglia sorrido, saluto, ma rispetto alle prime ore del mattino ora sto facendo tutto in modo automatico.
Il tempo va, l’uscita di scena – non c’è modo di dire più appropriato per il posto che sto per lasciare – si avvicina, ancora un’oretta… fiuuuuuuuuuuu
di Onemarishow
Una Ragazza Fantastica – Atto 8 –
Il percorso
–
Entro nel bar, questa mattina è decisamente troppo tardi, il bar è vuoto sono già tutti piegati dietro la loro scrivania. Ordino e in assoluto silenzio, quasi irreale per un bar, consumo il mio caffè e mangio la brioche con uva sultanina e gocce di cioccolata. Butto un occhio al giornale, nessuna notizia tragica in copertina; mi osservo e sono vestita con una maglietta bianca con al centro una stella, una giacca nera, dei pantaloni neri, delle scarpe nere, calzini neri, slip se ricordo bene questa mattino ho messo quelli neri, non indosso il reggiseno, ho una canotta grigia, nessun accessorio, capelli normali, giacca e borsa stesse di ieri. Bene, oggi posso dire di essere monocolore, il che significa che non sprizzo di ottimismo da tutti i pori…, ma sento che in fondo, in fondo… un po’ ottimista lo sono.
Esco dal bar, arrivo al semaforo e per magia è già verde, inizio l’attraversamento, mentre cammino ripenso al sogno ricorrente, questa notte non l’ho fatto, che sollievo: “ma vuoi vedere che mi investono proprio oggi, per una volta che passo con il verde, vengo punita per aver rispettato il codice dei pedoni?”
I pochi metri di strada da attraversare mi sembrano chilometri, mi sento rallentata nei passi, vorrei allungare un braccio per farmi tirare dall’altra parte, ma non è il caso di fare sceneggiate di prima mattina e comunque, da come tutti corrono e con lo sguardo basso, nessuno mi allungherebbe il suo di braccio per tirarmi a se e salvarmi, da cosa poi ?!
So che posso farcela da sola… e mentre i miei pensieri si accavallano sono già arrivata a destinazione.
L’ingresso questa mattina non è solare e piena di vita come al solito, e non perché sono in ritardissimo. Suono, mi aprono, entro. Saluto velocemente il portiere, oggi non voglio fermarmi a sentire dei suoi acciacchi e di quanto sangue ha perso dal naso questa notte. Un racconto tragico potrebbe chetare i miei pensieri, ma non quello del portiere, i suoi racconti li conosco troppo bene;
Attraverso il solito corridoio dai lastroni di legno, il posto è già popolato da ansia e nervosismo, è decisamente tardi. La buona educazione prima di tutto mi invita a salutare i presenti con un sonoro buongiorno, non sento nessun eco, mi fermo a metà sala per alcuni secondi, li osservo… che pena. Bene, noto con piacere che finalmente c’è qualcuno che sta peggio.
Raggiungo il mio posto, mi siedo senza togliere la giacca e posare la borsa. Mi guardo intorno, a breve tutto questo non ci sarà più, riguardo ancora più nel dettaglio e mi sento un po’ sollevata, sento che è quello che mi ci vuole per fare… cosa ancora non lo so, ma so che presto lo scoprirò.
Le ore trascorrono lente. Il tempo è inesorabile, non si lascia distrarre e procede per la sua strada secondo il suo ritmo ben definito, se vuoi puoi metterti al suo passo, ma è sicuro e provato che non sarà mai lui a mettersi al tuo, io non ci provo neanche, e così in men che non si dica per oggi il mio compito qui è finito!
di Onemarishow
Una Ragazza Fantastica – Atto 6 –
Risvegli
Mi giro nel letto, mi rigiro. Per un attimo non so chi sono, dove sono, cerco qualcosa di familiare ed ecco, la prima cosa che prende forma davanti ai miei occhi sono loro, lì, sempre più veloci accompagnate da un suono sordo, sempre uguale – Tic Tac Tic Tac – Mi accorgo di esser sveglia, ancor prima che sia suonata la sveglia, un miracolo…
Maledette lancette, maledetto tempo fermati un attimo. Resto immobile per alcuni secondi, le lancette si fermano, il respiro si placa la mente ed il cuore sorridono… mi sento leggera, sollevata. Non ho fatto alcun sogno questa notte, il sogno ricorrente non si è fatto vivo. Questo mi rende felice. Resto sotto le coperte e attendo che la sveglia mi svegli del tutto con il suo suono; Aspetto, fissando il soffitto, è bianco, troppo bianco, schizzi di colore non starebbe male, mentre sto decidendo il colore e sono quasi arrivata al fucsia la sveglia suona, di scatto esco dal letto, mi dirigo in bagno decidendo cosa indossare.
Certe mattine ti svegli con l’intenzione di voler indossare quella maglietta, non importa se fa freddo o se fa caldo…, quando è deciso nulla può farti cambiare idea, ecco è una di quelle mattine per me. Svegliarsi prima della sveglia sarà anche un miracolo, ma meglio non accadano certi miracoli.
Oggi voglio indossare la maglietta a maniche corte e a righe bianche e blu, sono certa di averla messa nel primo cassetto, guardo e non la trovo, provo nel secondo non c’è, la cerco ovunque, dentro la lavatrice, nulla, la maglietta non si trova, eppure i posti dove cercarla sono finiti … non c’è, è scomparsa, disintegrata. Nel piccolo monolocale continua la ricerca e intanto le lancette corrono veloci, gli occhi e la mente vedono tutto a righe bianche e blu, non c’è verso di vedere altri colori, altre fantasie, magari una tinta unita tanto semplice, nulla: o quella a righe bianche e blu o resto nuda a casa.
Mi fermo, mi stiro, o ci provo, alzando le braccia in alto, forse più per una richiesta di una qualsiasi grazia divina che per vero stretching, dopo pochi secondi abbasso le braccia e respiro profondamente. Riprendo le ricerche, riparto dal primo cassetto, eccola, non l’avevo vista dormivo ancora. E’ lì, un po’ stropicciata con le sue righine bianche e blu sembra quasi triste … ma come ho fatto a non vederla prima? maledetta maglietta!!!
di Onemarishow
– 1 –
“Che strana giornata oggi, c’ è stato il solito sogno ricorrente ed il risveglio ne ha risentito non poco.
Nonostante tutto però anche oggi sono sopravvissuta, ora siamo quasi a sera e come accade da un po’ al calare del sole e della splendida luce naturale, mi vedo costretta a vivere nel buio, con solo una piccola lucina… quando finirà tutto questo?! Quando potrò tornare libera e accendere la luce?!
A volte mi chiedo come possa aver resistito così a lungo…. “
Oggi mentre facevo colazione al solito bar sotto casa ho trovato un foglio scritto a mano con una scrittura poco comprensibile, ma con un po’ di impegno e dopo circa tre ore, sì, non avevo molti impegni oggi…, sono riuscita a decifrare lo scritto che recitava più o meno così… continuo con la trascrizione:
“mi meraviglio di quanto una donna che ama non potrà mai capire da subito cosa sta facendo, a chi sta ponendo in mano se stessa, per chi sta scegliendo una strada, certo sua… ma insieme ad un’altra persona. Un’altra persona che accanto a te condividerà per sempre, o per un certo periodo ogni cosa, ogni situazione… nella salute e nella malattia, nella buona e nella cattiva strada… come recita l’elogio al matrimonio…. Una persona che fa parte di te ma non sarà mai te…. che non conoscerai mai del tutto, né lui mai conoscerà te, come è naturale che sia. Noi siamo materia in continua evoluzione, è difficile già per ognuno di noi dire di conoscersi… Due persone anche se felici, uniti e inseparabili non si sarà mai parte uno dell’altro, non è naturale e anche impossibile, ci piace però credere alle fiabe con il lieto fine, ci piace pensare che saremo una sola cosa e per sempre. Questa teoria che in ogni donna diviene certezza subito dopo il primo bacio, ci rende euforiche, belle, felici, amorevoli, dolci, ci fa perdere l’appetito e dimagrire, ma soprattutto ci rende cieche, non ci fa vedere la realtà. Quella realtà che un giorno all’improvviso bussa al tuo cuore, si presenta senza preavviso, arriva con supponenza, spavalda senza se e senza ma, si piazza davanti ai tuoi occhi, dentro i tuoi occhi e in quel preciso istante ti giochi la tua vita... nel preciso istante in cui decidi di non voler vedere e non voler sentire, nel momento in cui decidi di non credere a te stessa, a questa esuberanza, a questa sicurezza, a questa “ospite” improvvisa così dura, forte, alla tua realtà, ma di credere alla costruzione di un amore. Decidi allora di guardare con gli occhi ciechi e le orecchie sorde, perché così è tutto più attutito più velato dall’abitudine e dalla paura di ascoltarti.
No, non è una scelta avventata o poco meditata, è semplicemente una scelta, una come tante; si sceglie quella strada che sai bene essere un vicolo cieco senza apparenti segreti. Decidi che è quella che ti piace, quella giusta e nota, si conoscono i limiti ed i rischi, e l’unico rischio è che se si prende una rincorsa non ci potrà fare troppo male perché è solo un vicolo non molto lungo con alla fine un muro che con gli anni hai ammorbidito, reso flessibile, fatto amico, ci si può sbattere contro senza farsi troppo male. Ecco, decidere di continuare a sbattere contro quello stesso muro, piuttosto che provarne altri magari più morbidi o molto più duri. Nonostante l’euforia, la bellezza, la dolcezza sorte subito dopo il primo bacio siano svanite… si decide di non ascoltare e non vedere quella “ospite” che si presenta. Non è ben chiaro perché accade, ma è così. Puoi forse decidere di vedere e ascoltare per un attimo, e tornare subito dopo sui tuoi passi. Mi chiedo spesso come mai nell’amore e nel dolore le donne siano così caparbie, con una forza di volontà assoluta e accompagnata da una cecità sorda. Un piegarsi a una forza sconosciuta, a una piacevole e dolorante pena, pur di non dire:
NO, grazie mi fermo qui e scendo… me la faccio a piedi.
L’amore è vita e come la vita non puoi scegliere… anche quando pensi di star scegliendo…”
Alla fine del testo non c’era nessuna firma.
di Onemarishow