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Una Ragazza Fantastica – Atto 15 –

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di Onemarishow

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Una Ragazza Fantastica – Atto 15 –

Un lungo lunedì

Eravamo rimasti: “…nessun impegno, nessuna fretta, nessun orario da rispettare e mi sento persa non riesco neanche ad andare in bagno”

Raccolgo le forze e mi avvio in bagno, la doccia mi farà riprendere. Uscendo dal bagno si accende una lampadina, ecco cosa potrei fare, di fronte a me sul frigo c’è il programma dei corsi in palestra.

Sono iscritta in una delle palestre più in della città, potrei cominciare a frequentarla visto che l’ho pagata. In un lampo sono pronta con tuta, scarpette e borsa, senza pensare sono sulle scale e in pochi minuti arrivo in palestra.

Appena dentro noto con stupore che alle otto del mattino la palestra è come la metropolitana, una folla di persone in continuo movimento, ma fermi sul posto che sprigionano una abbondante traspirazione, segno di una fatica non richiesta, inutile.

Forma fisica e apparenza devono essere proprio importanti al giorno d’oggi.

Passo in spogliatoio poso la borsa prendo l’asciugamano, l’acqua e risalgo, non ho molta voglia di mettermi a correre fissando una parete bianca o una vetrata che da su un triste cortile, ne di pedalare come una dannata su una bici senza ruote, tanto meno di alzare ed abbassare pesi senza uno scopo ben preciso.

Controllo la bacheca il primo corso è alle otto e trenta, cioè tra poco; Mi siedo su un divanetto bianco e aspetto e mentre aspetto osservo la folla sudata che corre e pedala senza andare da nessuna parte, chissà a che ora sono arrivati, magari come me anche loro sono inoccupati, vittime delle stagiste che lavorano gratis, o sono ricchi e amano bruciare i grassi piuttosto che bruciare i soldi in giro per il mondo…

Otto e trenta si inizia.

Entro nella sala due e vengo fulminata con lo sguardo dalle persone che sono già pronte sul tappetino con calzini colorati; Guardo smarrita la platea, età media settanta, capelli sale e pepe, avvolte in tute ginniche ultra fashion.

Mi danno il buongiorno, ricambio con una espressione senza espressione, vederle tutte supine mi rincuora, perché intuisco che in questo corso non si deve saltare sul posto, o almeno lo spero.

‹ E’ la prima volta? niente lavoro oggi? 

Sorrido senza rispondere, lasciando intendere che sì è la prima volta e sono in vacanza. Per fortuna arriva l’istruttrice, alta, magra, naso aquilino, voce un po’ maschile e un sorriso a cento-due-denti. Saluta tutte le signore loro ricambiano con affetto, mi sa che si conoscono da un po’.

Poi guarda me, un po’ in disparte, ancora in piedi con un tappetino azzurro in mano e si avvicina:

‹ Ciao io sono Barbara, è la prima volta che frequenti questo corso? 

‹ Si! – e in silenzio aggiungo- non sono molto allenata …

‹ Non ti preoccupare, togliti le scarpe e fai quello che riesci, ma non fermarti mai – la regola del non fermarsi mai vale proprio ovunque – › 

Mentre mi sto togliendo le scarpe le signore parlano tra loro, una del gruppo oggi compie gli anni, ben settantuno. Parte il coro del Buon Compleanno. La guardo sembra mia sorella.

Musica. Il corso ha inizio.

Le signore attempate sono in formissima, rispetto a me sono delle contorsioniste; Ecco come tirarmi su il morale di prima mattino, seguire una lezione di Yoga con delle signore che potrebbero essere tutte mia nonna ed io in confronto sono un bradipo, non riesco a piegarmi oltre le ginocchia, mentre loro tenendo le gambe perfettamente dritte posano a terra, a fianco ai loro piedi, il palmo delle due mani e contemporaneamente sorridono, io sto facendo uno sforzo sovrumano ed ho un espressione di dolore che farebbe scappare anche il ladro con le migliori intenzioni a volere a tutti i costi il mio portafogli, che poi sarebbe vuoto…

I più lunghi quarantacinque minuti della storia del tempo finiscono.

La lezione finisce! mi sento a pezzi, le signore invece mi sorridono, nel mio viso leggono tutta la stanchezza e l’amarezza per essere un pezzo di legno.

‹ Non ti preoccupare se frequenti con costanza, tempo un mese anche tu sarai brava 

Risate e sorrisi.

‹ Ma come fa? oggi è in vacanza,  se deve lavorare non ce la fa a venire tutte le mattine, mica è in pensione come noi…

Vorrei rispondere urlando che non sono in vacanza, sono una inoccupata, mi piacerebbe tanto  essere in pensione e vorrei anche aggiungere che se supererò lo shock di questa prima lezione possiamo diventare migliori amiche, uscire insieme a prendere il te’ e biscotti tutti i pomeriggi, andare a giocare a carte nel loro circolo pensionati e fare tante altre cose, ma non dico nulla.

Continuo a sorridere guardandole ad una ad una; sono felici, sorridenti, piene di energia e magre.

Abbandono la sala due e mi fermo a fare un po’ di esercizi con gli attrezzi. Si, c’è proprio un sacco di gente, li osservo ad uno ad uno sarei proprio curiosa di sapere cosa fanno nella vita, come mai alle nove e trenta non sono piegati dietro una scrivania, vorrei avvicinarmi ad ognuno di loro per chiederglielo, ma non lo faccio.

Resto ancora un po’ a fare finta di fare esercizi mentre fantastico e finalmente la mia fantasia annuncia che per oggi sono tonica. Posso tornare a casa.

Il mio primo lunedì da fortunata inoccupata scorre lentamente. Leggo, ascolto la radio, scrivo qualcosa faccio finta di andare a fare la spesa, ma non posso comprare nulla…

Penso e ripenso a tutto le cose che posso fare in questa nuova situazione, ma resto ferma al pensiero… infondo è il primo giorno da inoccupata posso anche godermela, ma come?!

di Onemarishow 

Una Ragazza Fantastica – Atto 12 –

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Una Ragazza Fantastica – Atto 12 –

Uscita di scena

Eravamo rimasti:…”“Il tempo va, l’uscita di scena – non c’è modo di dire più appropriato per il posto che sto per lasciare  – è sempre più vicina, ancora un’oretta… fiuuuuuuuuuuu”
di Onemarishow

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Ancora un’ora, non ho molto altro da fare. Devo riconsegnare il cellulare che mi era stato dato in dotazione. Lo restituisco, firmo qualcosa, chiedo se mi possono pagare.

Conosco già la risposta: – la Signora deve firmare il bonifico per poter procedere con il pagamento.-

Lo sapevo. – devo pagare l’affitto e sono completamente senza soldi, entro settimana prossima mi servono – rispondo.

Nel pronunciare queste parole mi arriva un pugno allo stomaco. Potrei iniziare a piangere e non smettere più, ma non lo faccio. Abbozzo un sorriso, saluto tutti e abbandono la stanza dei numeri, sento che gli sguardi mi seguono e mi squarciano la schiena.

Percorro il lungo corridoio accompagnata dal rumore del legno. Ho la sensazione che stia perdendo l’appoggio sotto i piedi.

Arrivo al mio posto, mi sento confusa, mi guardo intorno e, come telecomandata a distanza, inizio a scrivere una mail di arrivederci, addio suona troppo patetico. Risvegliata dalla breve narcolessia, leggo la mail e mi stupisco di me stessa. Alzo lo sguardo e osservo le pareti, per la prima volta mi sembrano un po’ storte, guardo dentro i cassetti: sono completamente vuoti. Di scatto mi alzo, mi fermo, mi risiedo, non so cosa fare, mi sono persa. C’è di meglio che esplorare un posto quando ti senti persa? Mi rialzo, questa volta con l’intenzione di fare un giro di perlustrazione. Il vociare solito del luogo ora è più tenue, è il momento della pausa pranzo. Qualcuno è rimasto piegato sulla scrivania, tutti gli altri sono andati ad affogare i dispiaceri nel piacere del cibo. A buon prezzo ci sono piatti all in, dal colore e sapore indefiniti che lasciano la giusta pesantezza per un pomeriggio allout. Così, per lamentarsi di qualcosa che non è la vera causa del problema: indigestione post prandiale, per non vedere la realtà!!

Ecco perché esiste la pausa pranzo, per farti ovviare al problema reale procurandotene un altro, ma per fortuna esiste e molti la sfruttano, salutare tutti, oggi, proprio non mi andava.

Vago per un po’, poi mi imbatto nei pochi rimasti, nel salutarmi mi guardano, mi scrutano, io guardo loro e sento di non conoscerli, di non averli mai visti prima, loro continuano a guardami e non capisco cosa cercano, non capisco se vorrebbero essere al mio posto o sperano di non trovarcisi mai. Uno di loro mi dice auguri, dentro di me vuoto assoluto: – Auguri?!, oggi non è il mio compleanno e non è Natale.

Negli sguardi da radiografia c’è una sorta di speranza, una voglia, un desiderio. Forse vivono la mia situazione come una loro libertà o una voglia di libertà.

Senza dire nulla, torno alla mia postazione, seduta davanti ad uno schermo premo invio, la mail parte. Prendo la giacca, la borsa, ci siamo, ho finito! Il breve percorso verso la porta di uscita mi sembra lunghissimo, i miei passi sembrano svelti e leggeri, ma non avanzo di un millimetro, in un’apparente fatica raggiungo la porta, la apro e sono fuori.

di Onemarishow